martedì 21 ottobre 2008




"Essere o non essere: questo è il problema:
se sia più nobile all'animo sopportare gli oltraggi,
i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna,
o prender l'armi contro un mare di problemi e combattendo disperderli.

Morire dormire; nulla più:
e con un sonno dirsi che poniamo fine al dolore e alle infinite miserie,
naturale retaggio della carne, è soluzione da desiderare ardentemente.

Morire - dormire - sognare, forse:
ma qui è l'ostacolo che ci trattiene:
perchè in quel sonno della morte quali sogni possan venire,
quando noi ci siamo sbarazzati di questo groviglio mortale:
è la remora, questa, che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.

Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gl'insulti del tempo,
le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso,
gli spasimi dell'amore disprezzato, gli indugi della legge,
l'insolenza di chi è investito di una carica,
e gli scherni che il merito paziente riceve dai mediocri,
quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto con due dita di pugnale?

Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli
imprecando e sudando sotto il peso di tutta una gravosa vita,
se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte
- la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore -
confonde la volontà, e ci fa piuttosto sopportare i mali che abbiamo,
che non volare verso altri che non conosciamo?

Così la coscienza ci fa tutti vigliacchi;
così la tinta naturale della determinazione
si scolora al cospetto del pallido pensiero.
E così imprese di grande importanza e rilievo
per questo riguardo deviano il loro corso:
e dell'azione perdono anche il nome"


(Amleto, atto III, scena 1a)

William Shakespeare


Nessun commento: